la Libertà

1.1.1        La Libertà cristiana

Due sono le caratteristiche, assolutamente innovative ed esclusive della libertà nella concezione cristiana e occidentale:

  • essere un diritto proprio di ogni persona;
  • essere libertà della volontà, cioè possibilità reale di cambiare il corso delle cose.

La libertà viene all’uomo direttamente da Dio: l’uomo è creato simile a Dio nella Ragione e nella Libertà.

 

Giustino, il primo degli apologeti, scrive, nel 150 d.c.:

Infatti, in principio, [Dio] ha creato il genere umano dotato di ragione e capace di scegliere liberamente la verità e di comportarsi bene…

Giustino, Apologie, Prima Apologia, 28, Rusconi, Milano 1995, p. 89.

 

Ma lo stesso concetto troviamo nella Dichiarazione di Indipendenza Americana del 4 giugno 1776:

We hold these Truths to be self-evident, that all Men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these are Life, Liberty, and the Pursuit of Happiness.
(Noi riteniamo evidenti di per se stesse queste verità, che tutti gli Uomini sono stati creati uguali, che essi sono stati dotati dal loro Creatore di certi inalienabili diritti, tra cui Vita, Libertà e Perseguimento della Felicità).

In quanto data da Dio, essa non può essere tolta all’uomo da alcuno.

In quanto libertà della volontà essa è in grado di rompere la catena della necessità naturale.

In questo senso la liberta umana (libero arbitrio) è inscindibile dalla ragione.

 

Lume v’è dato a bene ed a malizia
E libero voler..

Dante, Purgatorio, XVI, 75

 

Ecco come Hegel sottolinea la natura essenzialmente cristiana del concetto di libertà:

L’idea della Libertà è sorta con il Cristianesimo. Intere regioni del mondo, l’Africa e l’Oriente, non hanno mai avuto questa Idea, e ancora ne sono prive.  Né l’hanno avuta i Greci e i Romani, Platone e Aristotele, e neppure gli Stoici; essi al contrario sapevano soltanto che l’uomo sarebbe realmente libero per nascita, per forza di carattere, per cultura o per filosofia. Questa Idea è venuta al mondo con il Cristianesimo, secondo il quale è l’individuo in quanto tale ad avere un valore infinito: l’uomo, essendo oggetto e fine dell’amore di Dio, è destinato ad avere il suo rapporto assoluto con Dio come Spirito e a far dimorare entro sè questo Spirito. In altre parole l’uomo è in sé destinato alla Libertà suprema.

G.F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, § 482Rusconi, Milano 1996, p. 787.

 

1.1.2        Dubbi sulla possibilità di essere realmente liberi

La possibilità della libertà umana di cambiare effettivamente il corso degli eventi è messa in dubbio da diversi fattori, tra  i quali principalmente:

  • La concezione materialista
  • L’ onniscienza di Dio
  • L’ onnipotenza di Dio
  • La concezione idealista

 

1.1.2.1         Concezione materialista

La materia è soggetta alla legge fisica, per la quale ogni istante è in relazione biunivoca con l’istante precedente, per cui il trascorrere degli eventi è univocamente determinato sia verso il futuro, sia risalendo verso il passato.

 

Questa concezione fu già di Democrito, il primo materialista, ed è riassunta nella famosa frase di Laplace (Teoria analitica della probabilità, 1812):

Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e la causa di quello che seguirà. Un’intelligenza che, per un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la natura è animata e la situazione relativa degli esseri che la compongono, se fosse abbastanza vasta per sottoporre questi elementi al calcolo, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più leggero atomo: niente sarebbe incerto per essa e l’avvenire come il passato sarebbe presente ai suoi occhi.

da N.Abbagnano, Storia della Filosofia, Vol.II, Parte II, UTET, Torino 1961, p. 569.

 

Dopo Democrito, Epicuro, altro materialista, pensò di porre qualche rimedio a questo rigoroso ed inevitabile corso degli eventi, introducendo il clinamen, cioè una possibile variazione casuale nel movimento atomico. Anche lo scientismo moderno tende a sottoporre lo scorrere degli eventi  a qualche forma di casualità.

E’ però indubbio che necessità meccanica o casualità non sono compatibili con la libertà umana.

Infatti, se il nostro pensiero è un effetto del nostro cervello, esso dipende dalle trasformazioni fisiche (meccaniche, elettriche o chimiche) di questo, e nessuna libertà (intesa come possibilità effettiva di cambiare il corso degli eventi) è possibile. Quando pensiamo di volerci toccare il naso, e lo facciamo, in realtà stiamo eseguendo un ordine del cervello, e il nostro braccio andrebbe da solo al naso, coscientemente o meno.

Questa situazione viene chiarita molto bene da Hume, che identifica la libertà con la semplice situazione fisica di “poter fare quello che si vuole”, ma non della possibilità di vincere la necessità naturale.

 

Con libertà, dunque, vogliamo significare soltanto un potere di agire o di non agire secondo le determinazioni della volontà; ossia che, se preferiamo restar fermi, possiamo; se preferiamo muoverci, egualmente possiamo… Se si ammette la definizione sopra ricordata, libertà, come opposta alla necessità, non a costrizione, è la stessa cosa del caso; e tutti ammettono che esso non esiste.

D.Hume, Ricerca sull’intelletto umano, Laterza, Bari 96, pp. 147, 149.

 

Libertà, per i materialisti, significa quindi solamente non essere costretti al fare o al non fare, ma ciò che si fa o non si fa, dipende dalla necessità fisica, non da noi.

L’impossibilità di essere liberi in una concezione materialista è uno degli elementi che mi spinge al rifiuto di una simile concezione, che contrasta tanto evidentemente con un factum  evidente dell’esperienza interiore.

 

 

1.1.2.2         Onniscienza divina

Dio conosce il nostro futuro. Questo sembrerebbe costituire un ostacolo alla nostra libertà: se Dio conosce cosa avverrà, significa che tutto l’avvenire è già scritto. Ma la conoscenza di Dio non è dovuta al fatto che Dio veda il futuro, ma che Dio è contemporaneamente in ogni istante del tempo (è nell’eternità) e ci vede in infiniti istanti presenti. Vorrei fare un esempio semplificativo:

 

Io guardo una partita di pallone in diretta. Mentre la guardo, essa è aperta ad ogni risultato, ed è “libera” di finire in qualsiasi modo.

Il giorno dopo rivedo la partita registrata: in quel momento so come andrà a finire. Ma questo non fa sì che la partita, al momento del gioco, non fosse libera. E’ cambiato il mio punto (temporale) di vista: sto guardando dal futuro.

 

Così Dio non vede il futuro dal presente, ma lo vede dal futuro, come da ogni altro istante temporale: per l’eternità ogni istante del tempo è presente.

Noi invece vediamo la realtà istante dopo istante, e siamo abituati a concepire questa sequenza come intrinseca alla realtà, mentre non è che un modo di vedere.

 

Così vediamo la nostra libertà scorrere ed attuarsi nel tempo, mentre nell’eternità essa è vista, come ogni altra cosa, dall’inizio alla fine.

La situazione è rappresentata mirabilmente dal mito di Er, nel finale della Repubblica di Platone: le anime scelgono liberamente il loro destino, e poi le Parche filano loro il destino che spetta a ciascuno. Si tratta di un mito che distingue la realtà fuori dal tempo da quella apparente che si svolge nel tempo.

 

Quando tutte le anime si furono scelte le vite, nell’ordine del sorteggio si avviarono a Lachesi; e questa a ciascuno dava a compagno il demone che si era scelto, qual custode della vita ed adempitore della sorte prescelta. Il quale anzitutto conduceva l’anima da Cloto, a far confermare, sotto la mano di lei e il volgersi del giro del fuso, il destino che egli si era prescelto; e toccata questa, lo conduceva poi al filo di Atropo per fare immutabile il destino una volta filato…

Platone, La Repubblica, X, XVI, 626, Laterza Bari 1971, p. 352.

 

Erroneamente si potrebbe dire che noi viviamo nel tempo delle scelte che abbiamo “già” fatto. In realtà, nel tempo le scelte le facciamo realmente nel presente. Invece, nell’eternità, le nostre libere scelte si presentano a Dio nel loro intero sviluppo temporale.

 

Ecco come Severino Boezio, senatore romano, messo in catene da Teodorico, e per questo morto nel 526 d.c., chiarisce mirabilmente l’argomento:

 

Quondam igitur… est autem deus sempre aeternus ac presentarius status, scientia quoque eius omnem temporis supergressa motionem in suae manet semplicitate presentiae infinitaque praeteriti ac futuri spatia complectens omnia quasi iam generantur…considerat.
Itaque, si previdentiam pensare velis qua cuncta dinoscit, non esse praescientiam quasi futuri sed scientiam numquam deficientis instantiae rectius aestimabis.
Quid igitur postulas ut necessaria fiant quae divino lumine lustrentur, cum ne homines quidam necessaria faciant esse quae videant?
(Poiché, dunque… Dio si trova sempre in uno stato di eterna presenza, anche la sua scienza, travalicando ogni mutamento temporale, rimane nella semplicità della propria presenza, e abbracciando tutti gli spazi infiniti del passato e del futuro li contempla… come se avvenissero in quel momento.
Sicché, se vuoi giudicare bene la previdenza, con cui Egli discerne tutte le cose, riterrai più giustamente che sia non prescienza, per così dire, del futuro, ma scienza di una presenza che non viene mai meno…Perché, dunque, pretendi che divengan necessarie le cose che sono investite dalla luce divina, quando nemmeno gli uomini rendono necessarie quelle che vedono?)

S.Boezio, De consolatione philosophiae, V, 6, 55-65, Rusconi, Milano 1996, p. 231.