Contro l’oppressione giudiziaria

La Magistratura in Italia costituisce strutturalmente un potere tirannico.

Questo indipendentemente dalle intenzioni di questo o di quello dei suoi membri.

 

Essa, infatti, si regge in contrasto con due dei massimi principi su cui si erge uno Stato di Diritto:

– chi giudica deve essere diverso da chi porta in giudizio

– chi esercita poteri discrezionali contro il cittadino, deve esserne responsabile.

 

 

Cominciamo dal primo punto:

chi giudica deve essere diverso da chi porta in giudizio

 

Chi porta in giudizio (il Pubblico ministero) deve essere di un ordine diverso da chi giudica (il Giudice).

I nessun paese civile la funzione inquirente fa parte dell’Ordine o del Potere giudiziario.

Ricordo che, per Montesquieu, padre della dottrina della separazione dei poteri, “essere dello stesso ordine o essere la stessa persona è la stessa cosa”.

 

La funzione inquirente (che qui da noi, addirittura, comanda direttamente un corpo armato, cioè la polizia giudiziaria) è, per sua natura, un “potere esecutivo”.

Può essere, in parte, indipendente ed elettiva, come in America, o dipendere dal Governo, come in Francia od Inghilterra.

Ma mai è considerata potere Giudiziario, godendo dell’impunità intrinseca a questo potere.

Unendo nelle stesse mani Potere Giudiziario e Potere Esecutivo si crea un potere tirannico, che dà inizio all’azione contro il cittadino e la porta a termine senza controllo da parte di un altro Potere, impadronendosi anche del potere legislativo, allorquando inventa od interpreta liberamente le leggi.

 

Abbiamo pertanto un Potere che unisce in sé i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, cosa che caratterizza la tirannia nella sua forma più assoluta.

 

 

Secondo punto:

chi esercita poteri discrezionali contro il cittadino, deve esserne responsabile

 

Mentre il Giudice non dà inizio all’azione giudiziaria, ma può solo emettere sentenza nei casi che gli vengono portati davanti (dalla funzione inquirente), questo non vale per il Pubblico ministero.

 

Costui, inteso come Procura, dà inizio autonomamente all’azione penale, ed autonomamente può decidere di portarla avanti fino al terzo grado di giudizio, anche in presenza di due assoluzioni (altro principio di ogni paese civile gravemente violato, grazie anche ai nostri Cortigiani: non bis in idem, non si può processare due volte se non per ricorso dell’imputato).

 

E di questo non può essere in alcun modo giudicato o danneggiato nella carriera, anche se abbia agito in palese sprezzo del buonsenso o della evidenza dei fatti.

Le due uniche limitazioni che la legge prevede per l’azione inquirente (l’obbligatorietà dell’azione penale e la presenza di una notizia di reato) non limitano in alcun modo l’azione delle Procure, che le violano quando vogliono, essendo obblighi non sorretti né da controllo esterno, né da sanzione.

Ed un obbligo che non preveda controllo e sanzione, non è un obbligo ma è un arbitrio.

 

Il magistrato può citare in giudizio un cittadino per diffamazione, ma il cittadino non può citare il magistrato: e, comunque, a giudicare, sarà sempre uno dello stesso ordine.

 

Si aggiungano le reiterate violazioni del principio del giudice naturale, della terzietà del giudice (che deve piacere ad entrambe le parti), della sottomissione dello stesso alla legge, manipolata a piacimento, con invenzione di reati non previsti dal codice come la partecipazione esterna, il voto di scambio, l’abuso di diritto ecc.

 

Questo potere tirannico è ormai giunto alla piena attuazione della tirannia, attentando direttamente ai diritti politici del cittadino, rovesciando governi liberamente eletti, escludendo dall’agone politico le personalità più in vista della parte avversa, impedendo ogni riforma che lo riguardi, colpendo chiunque si azzardi a minacciare il suo potere, con strumenti anticostituzionali come le intercettazioni immotivate e continuate, che danno la possibilità di colpire chiunque a proprio piacimento, per di più consegnate direttamente alla stampa di fazione.