Lume v’è dato a bene ed a malizia
E libero voler..
Dante, Purgatorio, XVI, 75.
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Queste due connotazioni costitutive dell’uomo furono da subito predicate come congiunte ed inseparabili. La Ragione è il fondamento della Libertà, l’Amore è il fine cui Ragione e Libertà debbono tendere.
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Stoicismo ed Epicureismo
Il Cristianesimo si affaccia sul mondo antico in un momento di grandissimo vigore del pensiero speculativo, sia filosofico, sia mistico religioso. Pertanto deve essere in grado di rispondere ai dubbi ed ai quesiti che tale pensiero pone ai nuovi predicatori. In particolare, il pensiero antico era giunto a teorizzare l’impossibilità della Libertà, sia umana, ma ancor più divina (per le correnti filosofiche spiritualiste).
Due erano le correnti di pensiero allora in voga: Epicureismo e Stoicismo. Il primo, rifacentesi all’atomismo di Democrito e poi di Epicuro, era determinista in quanto materialista e meccanicista, con una piccola correzione introdotta da Epicuro, o da Lucrezio, e cioè il clinamen, una oscillazione casuale degli atomi, che correggeva il rigoroso ed ineluttabile determinismo, con una possibile varianza imprevedibile, introdotta per correggere lo sconforto causato dal pensare che nulla può cambiare di quanto già determinato dalla materia.
L’altro, spiritualista e panteista, era convinto che il Logos (ragione) divino che governa il mondo non potesse prendere altre decisioni che quelle effettivamente prese, e cioè le più razionali. Questa convinzione si spingeva alla teoria dell’eterno ritorno, cioè della ripetizione ciclica della storia. Sarebbe sufficiente infatti che nell’infinità del tempo si ripetesse una situazione già avvenuta, perché tutto ineluttabilmente ripercorresse esattamente quanto già trascorso.
In queste visioni, non vi era alcun posto per la Libertà umana. L’etica, predicata da entrambe le correnti di pensiero, era solo lo strumento, tutto umano e razionale, per godere di una vita non turbata da eccessivi dolori e preoccupazioni (con la contraddizione, comunque, tipica del determinismo, di predicare comportamenti impossibili da volere).
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La necessità teologica di Ragione e Libertà
Il Cristianesimo ha invece bisogno di affermare con chiarezza sia la dignità dell’uomo, sia la sua libertà. Solo la libertà umana ha infatti permesso all’uomo di peccare, solo la sua dignità può indurre Dio al supremo sacrificio dell’Incarnazione e Redenzione, che il peccato rendono necessarie.
Solo la libertà, inoltre, giustifica un mondo eticamente fondato sull’Amore, come quello cristiano.
Libertà e Ragione appaiono quindi citate immediatamente dai primi pensatori cristiani, prima ancora che la definizione del dogma Trinitario (concilio di Nicea, 325 d.C.) abbia risolto il problema della libertà di Dio: lo Spirito Santo, Amore tra Padre e Figlio, costituisce la Libertà di Dio e scioglie teologicamente il nodo della libertà divina e, di conseguenza, di quella umana.
Ecco il primo apologeta, (San) Giustino:
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Infatti, in principio, [Dio] ha creato il genere umano dotato di ragione e capace di scegliere liberamente la verità e di comportarsi bene…
Giustino, Apologie, Prima Apologia, 28, Rusconi, Milano 1995, p. 89.
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La ragione (Logos) è il discrimine che separa buoni e cattivi, cristiani e non.
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Abbiamo appreso che il Cristo è il Primogenito di Dio, ed abbiamo ricordato che è la Ragione (Logos) della quale partecipa tutto il genere umano. Coloro che hanno vissuto secondo Ragione sono cristiani, anche se sono stati considerati atei, come tra i Greci, Socrate ed Eraclito, ed altri simili… Di conseguenza, coloro che hanno vissuto prima di Cristo, ma non secondo Ragione, sono stati malvagi, nemici di Cristo e assassini di quelli che vivevano secondo Ragione; al contrario, quelli che hanno vissuto e vivono secondo Ragione sono cristiani, non soggetti a paure e turbamenti.
Giustino, Apologie, Prima Apologia, 46, Rusconi, Milano 1995, p. 127.
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E’ davvero strabiliante questa apertura mentale verso coloro che non conobbero né Cristo, né i Vangeli, ma che vissero secondo il lume della Ragione, identificata con Dio stesso!
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Ed ecco come Gilson rappresenta il pensiero di (San) Clemente di Alessandria:
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Ogni uomo possiede, per il fatto stesso che è uomo, una facoltà di conoscenza (fronesis) che lo distingue dagli animali. In quanto essa può conoscere con le sue sole risorse i principi primi e indimostrabili, essa è pensiero (nisis); in quanto ragione partendo da questi principi per svilupparne dialetticamete il contenuto, essa è sapere, o scienza (gnosis, episteme); se si applica ai problemi della prassi e dell’azione diventa arte (techin); quando infine si apre alla pietà, crede nel Verbo e ci dirige nella pratica dei suoi comandamenti, essa non cessa di essere se stessa; l’unità del pensiero che cresce, che dirige l’azione e cerca il sapere assicura dunque l’unità della sapienza che include tutte queste attività.
E. Gilson, La filosofia del medioevo, la Nuova Italia, Firenze 1973, p. 59.
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Ecco il pensiero di Origene, in due brani da Abbagnano e di Reale:
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Come la caduta dell’uomo è stato un atto di libertà, così sarà un atto di libertà la redenzione ed il ritorno a Dio. La libertà è infatti la dote fondamentale della natura umana, che è capace di agire in virtù di ragione, quindi di scegliere.
In Joh., XXXII, 18, citaz. da N. Abbagnano, Storia della Filosofia, vol.I, UTET, Torino 1961, p. 245.
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Origene ha esaltato al massimo il libero arbitrio delle creature, a tutti i livelli della loro esistenza.
G. Reale, Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi, II, la Scuola, Brescia 1977¹³, p. 317.
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Superato un tentativo irrazionalista, rappresentato da Tertulliano, (credo quia absurdum) la dottrina cristiana si attesta sulla posizione per cui: la Rivelazione non può essere in contrasto con la ragione. Dove si riscontra questo contrasto, esso va risolto alla luce della ragione illuminata dalla Fede: il primato della Fede consiste nel fatto che questa ci fornisce sia le indicazioni preventive su dove trovare risposta ai nostri quesiti, sia che essa dirime le aporie nelle quali la ragione si invischia se lasciata a se stessa su argomenti a lei non raggiungibili con le sole sue forze (Kant non dice poi molto di nuovo!): comunque non possono esserci dettami di fede irrazionali!. Questa sarà la caratteristica fondamentale del pensiero cristiano, e di conseguenza, dell’intero pensiero occidentale, a differenza, ad esempio, dell’Islam, prigioniero della lettera del Corano.
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Agostino, Anselmo e Tommaso
Già in S.Agostino, Ragione e Libertà sono perfettamente identificati come fondamento dell’Umanesimo cristiano.
Nel De libero arbitrio egli afferma che la ragione è ciò che ci distingue dagli animali e che, in nome della ragione, qualsiasi atto di apprendimento è buono e:
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…hoc quidquid est, quo pecoribus homo praeponitur, sive mens, sive spiritus, sive utrumque rectius appellatur (nam utrumque in divinis Libris invenimus), si dominetur atque imperet caeteris quibuscumque homo constat, tunc esse hominem ordinatissimum.
(…v’è nell’uomo una determinata facoltà, per cui è superiore agli animali, si chiama mente o spirito o, meglio, l’uno e l’altro. Nei Libri divini si trova appunto l’uno e l’altro, Se essa domina pienamente su tutte le facoltà da cui è costituito l’uomo allora egli è pienamente razionale.)
Aurelio Agostino, De libero Arbitrio, I-8.
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Si ergo omnis intellegentia bona est, nec quisquam qui non intellegit, discit; omnis qui discit, bene facit: omnis enim qui discit, intellegit; et omnis qui intellegit, bene facit: quisquis igitur quaerit auctorem, per quem aliquid discimus, auctorem profecto per quem bene facimus, quaerit. Quapropter desine velle investigare nescio quem malum doctorem. Si enim malus est, doctor non est: si doctor est, malus non est.
(Dunque se l’intelligenza è in sé buona e non si apprende se non si compie un atto d’intelligenza, nell’apprendere si agisce bene perché nell’apprender si compie un atto d’intelligenza e nel compierlo si agisce bene. Quindi nell’indagare sul principio per cui un qualche cosa si apprende, s’indaga indiscutibilmente sul principio per cui si agisce bene. Smettila dunque. di investigare su non saprei quale cattivo educatore. Se è cattivo, non è educatore, se è educatore non è cattivo.)
Aurelio Agostino, De libero Arbitrio, I-3.
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A proposito della libertà, oggetto primo dell’opera, sempre nel De libero arbitrio ci viene detto che essa è il fondamento della vita morale, e proprio per questo ci è stata data (di nuovo precorre Kant):
Si enim homo aliquod bonum est, et non posset, nisi cum vellet, recte facere, debuit habere liberam voluntatem, sine qua recte facere non posset. Non enim quia per illam etiam peccatur, ad hoc eam Deum dedisse credendum est. Satis ergo causae est cur dari debuerit, quoniam sine illa homo recte non potest vivere. Ad hoc autem datam vel hinc intellegi potest, quia si quis ea usus fuerit ad peccandum, divinitus in eum vindicatur. Quod iniuste fieret, si non solum ut recte viveretur, sed etiam ut peccaretur, libera esset voluntas data. Quomodo enim iuste vindicaretur in eum, qui ad hanc rem usus esset voluntate, ad quam rem data est? Nunc vero Deus cum peccantem punit, quid videtur tibi aliud dicere nisi, Cur non ad eam rem usus es libera voluntate, ad quam tibi eam dedi, hoc est ad recte faciendum? …Debuit autem et in supplicio, et in praemio esse iustitia; quoniam hoc unum est bonorum quae sunt ex Deo. Debuit igitur Deus dare homini liberam voluntatem.
(Se l’uomo è un determinato bene e se non potesse agire secondo ragione se non volendolo, ha dovuto avere la libera volontà, senza di cui non poteva agire moralmente. Infatti non perché mediante essa anche si pecca, si deve ritenere che per questo Dio ce l’ha data. È ragione sufficiente che doveva esser data il fatto che senza di essa l’uomo non può vivere moralmente. Si può inoltre comprendere che per questo scopo è stata data anche dal motivo che se la si userà per peccare, viene punita per ordinamento divino. Ma sarebbe ingiusto se la libera volontà fosse stata data non solo per vivere secondo ragione ma anche per peccare. Come infatti sarebbe giustamente punita la volontà di chi l’ha usata per un’azione per cui è stata data? Quando invece Dio punisce il peccatore, sembra proprio dire: ” Perché non hai usato la libera volontà per il fine cui te l’ho data? “; cioè per agir bene…. Fu necessario dunque che tanto nella pena come nel premio ci fosse la giustizia poiché questo è uno dei beni che provengono da Dio. Fu necessario quindi che Dio desse all’uomo la libera volontà.)
Aurelio Agostino, De libero Arbitrio, I-8.
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Settecento anni dopo, in pieno alto medioevo S.Anselmo d’Aosta ci dice che per capire Dio è sufficiente che la Ragione contempli se stessa:
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…Patet itaque quia, sicut sola est mens rationalis inter omnes creaturas, quae ad eius investigationem assurgere valeat, ita nihilominus eadem sola est, per quam maxime ipsamet ad eiusdem inventionem proficere queat. Nam iam cognitum est, quia haec illi maxime per naturalis essentiae propinquat similitudinem. Quid igitur apertius quam quia mens rationalis quanto studiosius ad se discendum intendit, tanto efficacius ad illius cognitionem ascendit; et quanto seipsam intueri negligit, tanto ab eius speculatione descendit?
(…E’ chiaro pertanto che, come la mente razionale è la sola, tra tutte le creature, capace di elevarsi alla ricerca dalla somma essenza, così è anche la sola per la quale essa stessa possa progredire massimamente verso la sua scoperta. E’ già noto, infatti, che la mente razionale si avvicina massimamente, per similitudine di essenza naturale, alla somma essenza. Che cosa è dunque più evidente del fatto che la mente razionale, quanto più accuratamente si volge ad apprendere se stessa, tanto più efficacemente sale alla conoscenza della somma essenza, e quanto più trascura di esaminare se stessa, tanto più discende dalla sua visione?)
Anselmo (Sant’), Monologion, LXVI, Rusconi, Milano 95, pp. 206-207.
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Passiamo ora a S.Tommaso, che sul tema del libero arbitrio ci dice che libertà e ragione sono indissolubili, e l’una prevede l’altra:
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Respondeo dicendum quod homo est liberi arbitrii: alioquin frustra essent consilia, exhortationes, praecepta, prohibitiones, praemia et poenae. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod quaedam agunt absque iudicio: sicut lapis movetur deorsum; et similiter omnia cognitione carentia. Quaedam autem agunt iudicio, sed non libero; sicut animalia bruta. Iudicat enim ovis videns lupum, eum esse fugiendum, naturali iudicio, et non libero: quia non ex collatione, sed ex naturali instinctu hoc iudicat. Et simile est de quolibet iudicio brutorum animalium. Sed homo agit iudicio; quia per vim cognoscitivam iudicat aliquid esse fugiendum vel prosequendum. Sed quia iudicium istud non est ex naturali instinctu in particulari operabili, sed ex collatione quadam rationis; ideo agit libero iudicio, potens in diversa ferri. Ratio enim circa contingentia habet viam ad opposita; ut patet in dialecticis syllogismis, et rhetoricis persuasionibus. Particularia autem operabilia sunt quaedam contingentia: et ideo circa ea iudicium rationis ad diversa se habet, et non est determinatum ad unum. Et pro tanto necesse est quod homo sit liberi arbitrii, ex hoc ipso quod rationalis est.
(Rispondo dicendo che l’uomo possiede libero arbitrio: altrimenti sarebbero inutili i consigli, le esortazioni, i precetti, le proibizioni, i premi e le pene. Per capire questo, confrontiamolo con le cose che agiscono senza giudizio, come le pietre che cadono verso il basso, e le altre cose che non hanno coscienza. Altri agiscono con giudizio, ma non libero. Così le pecore fuggono alla vista del lupo: non per scelta, ma per istinto. E così per qualsiasi animale bruto. Ma l’uomo agisce con giudizio: e attraverso la conoscenza distingue ciò che è da fuggire da ciò che è da perseguire, e questo fa non per istinto, ma per scelta, e potrebbe fare altrimenti. La ragione, infatti, possiede la via per giungere a cose opposte, se contingenti: così come appare nei sillogismi dialettici e nelle orazioni retoriche. Le cose contingenti (non necessarie) possono essere fatte in molti modi, e circa queste la ragione non è costretta ad una sola soluzione. Per questo è necessario che l’uomo abbia il libero arbitrio, per lo stesso motivo per cui ha la ragione.)
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Prima Pars, Quaestio LXXXIII.
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Riporto alcuni brani di Etienne Gilson sulla visione di Tommaso relativa a ragione e libertà:
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